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mercoledì 5 gennaio 2011

Never give up

E' uno di quei post che non si vorrebbero mai scrivere. di quelli in cui un amico è in difficoltà, e non si può fare nulla per aiutarlo, se non due stupide parole al telefono e qualche sms. tanto lo conosci talmente bene che sei perfettamente conscio del fatto che se avesse la necessità, si salterebbe in zero secondi su un aereo. direzione: l'altra parte del belpaese. ma non per risolvere, solo per rincuorare. non sono un medico. e, anche se lo fossi, dubito che potrei fare di più di quello che si sta già facendo. ci sono già passato due anni fa. e spero che J non ci si ritrovi. perchè il senso di impotenza e frustrazione che si prova a perdere un padre è un percorso di dolore che ti cambia. non sei più quello di prima, anche a distanza di tempo. sembrano parole scontate, ma a stretto giro ti vengono in mente miliardi di cose non dette, di emozioni non raccontate, di istantanee dell'"avrei potuto". i ricordi arrivano dopo, quasi a lenire la prima fase. quasi a dirti "te la sei giocata come sei capace, il sangue dalle rape non esce". poi c'è un momento di calma, di anestesia totale dal resto del mondo. un attimo di finta pace, che ti fa quasi sperare di aver intravisto la famosa luce. ma, come d'incanto, fosse anche solo per una cosa buffa che ti capita, o un parcheggio che ti fa bestemmiare, ti ritrovi con il cell in mano, a cercare in rubrica quel qualcuno con cui parlavi di quel che capitava. lo guardi e capisci che non è passato un caxxo. che quel vuoto te lo porterai dentro a lungo. che quando dicevi "non sono mica un bambino" era più facile, con le spalle protette. con qualcuno che ti raccontava che tutto si risolve, che la nottata deve passare. ora te lo racconti da solo, sei tu che devi raccontarlo a qualcun altro. che, magari, fa finta di crederci, perchè si fida. non ho mai scritto o parlato di mio padre. sarebbero solo parole che non capirebbe nessuno. che mi porto dentro, sono quelle che non gli ho mai detto... 

1 commento:

J ha detto...

Grazie Z.

J